non ho seguito con attenzione tutti le risposte, ma provo a dire la mia:
erano i tempi che si producevano i primi pianoforti digitali ('80) e seguendo da neofita il mercato, e studiando pianoforte in Conservatorio, mi facevano ridere le sonorità di quegli strumenti emulativi tentando di suonare i vari Bach, Beethoven, ... Non c'era espressività in quello che facevo, anche cercando di calibrare al massimo il tocco sulla tastiera.
Poi lessi un articolo del M° Morricone a riguardo, che cambio la mia lettura del suono per il futuro, che diceva +/- così:
<< i "Pianoforti digitali" non bisogna considerarli l'emulazione di quelli acustici. Per quanto le ditte si sforzeranno di emularli, questi strumenti rappresentano una nuova era di sonorità a se stante. Se rispettati in queste loro caratteristiche, rappresentano una nuova generazione di strumenti che daranno nuove soddisfazioni a musicisti e compositori.>>
Negli anni successivi, quando si è tentato con la sintesi di emulare gli altri strumenti, nella rincorsa del più fedele per diversi anni si è perso di vista il fatto che il sintetizzatore raprresentava uno strumento nuovo, non il tentativo di annientare il musicista esecutore.
Oggi, con i VI, succede la stessa cosa con la massima evoluzione del campionamento e dei modelli fisici che, nelle mani di un bravo programmatore, consente di sopperire alla figura del musicista medio: il bravo Musicista (con la M) resta tale e non è emulabile e lo strumento che suona avrà quella personalità che anche il miglior compositore/programmatore del mondo se la sogna.
Allo stesso modo, il VI a campionamento piuttosto che il VI a modelli fisici, ovvero quello a sintesi additiva/sottrattiva assume un valore sonoro differente a secondo di chi ci mette sopra le mani, se ben programmato.
A voi le conclusioni!
AC
Mac Studio M1 MAX (32/512) macOS Ventura, AUDIENT EVO 8, LPX & LP11 ultima versione, Melodyne 5; plugin FX/VI; Master NI S61;